Fra vetro e utopia ecco la casa giapponese

Modellini, disegni, prototipi, persino i manga. Non si fa mancare nulla della “giapponesità” la mostra “The Japanese House” al Maxxi di Roma. Realizzata con Japan Foundation, Barbican Centre e il Museum of Modern Art di Tokyo — scrive la Repubblica — l’esposizione raccoglie il lavoro di tre generazioni di architetti nipponici, dalle star come Kenzo Tange, Toyo Ito, Kazuyo Sejima e Shigeru Ban a maestri meno conosciuti in occidente e un manipolo di giovani promettenti. Tutti alle prese con lo stesso elemento, semplice quanto complesso e centrale nella vita del Giappone: la casa. Dai piccoli loculi inondati di luce a follie utopiste come la Nakagin Capsule Tower Building. Al centro il dibattito tra tradizione e contemporaneità, molto sentito nel paese del Sol Levante dove la vita media di un edificio è di 26 anni. “Ma la mostra è anche un’opportunità per riflettere sulle tecniche e le possibilità dell’architettura antisismica, oggi più che mai attuale”, sottolinea il curatore Pippo Ciorra. Unica nota: la mancanza di riproduzioni in grande scala, fatta eccezione per White U di Toyo Ito, fa sì che a predominare – come del resto spesso capita al Maxxi – sia l’architettura del museo stesso, progettato dalla grande Zaha Hadid.

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